Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, 14 settembre 1928

Mi accorsi per la prima volta che la parte più importante e decisiva della mia vita giaceva dietro di me, irrimediabilmente.

Italo Svevo, al secolo Ettore Schmitz, nasce a Trieste nel 1861, da una famiglia ebrea particolarmente benestante. Un padre energico e autoritario a capo di una vetreria e una madre dolce, affettuosa e dedita alla famiglia. All’età di dodici anni Italo viene mandato nel collegio di Senitz, a Wurzburgo per cominciare quelli che saranno i suoi studi di materie tecniche commerciali e di quattro lingue, per prepararsi chiaramente a seguire le orme del padre. Vediamo insieme la biografia di Italo Svevo.

 

Italo Svevo: gli studi

Tra le lingue studiate da Italo per prepararsi a seguire le orme del padre c’è quella tedesca, che unita ad una passione smodata per la letteratura, permetterà lui di leggere alcuni tra i maggiori classici tedeschi, tra cui Schiller, Richter e Goethe, fino a Shakespeare e Schopenhauer. Nel 1878 Ettore comincia l’Istituto Superiore Commerciale “P. Revoltella”, nonostante le sue aspirazioni segrete siano la letteratura e soprattutto un viaggio a Firenze. In questa città difatti desiderava recarsi per studiare a fondo la lingua italiana.

Ad un certo punto la situazione economica di Ettore cambia, perché l’azienda di famiglia purtroppo chiude, situazione che lo costringe inevitabilmente a trovarsi un lavoro. Nel 1880 comincia a lavorare quindi alla Unionbank di Vienna, come addetto alla corrispondenza tedesca e francese, lavoro che comunque non impedisce lui di continuare a coltivare la sua grande passione per la letteratura. Nemmeno la sua collaborazione con “L’indipendente”, il noto giornale triestino, viene minata dal nuovo lavoro.

Sempre più convinto di voler intraprendere la carriera da scrittore, coltiva le sue aspirazioni dopo il lavoro, recandosi quotidianamente nella biblioteca civica di Trieste, dedicando moltissime ore alla lettura di quelli che sono i classici italiani, da Boccaccio a Guicciardini, fino a Machiavelli. Anche la letteratura francese non “scappa” alla sua avidità di conoscenza, che approda ad autori come Flaubert, Zola, Stendhal e Balzac.

I primi scritti di Italo Svevo

Dopo tanto “leggere”, inevitabile la fase successiva. Comincia difatti a scrivere commedie, come Ariosto governatoreI due poetiLa gente superioreIl primo amore e altri ancora, riuscendo tra l’altro a far pubblicare su “L’indipendente” con lo pseudonimo di Ettore Samigli, ben due racconti: Una lotta nel 1888 e L’assassinio di Via Belpoggio nel 1890.

Solamente due anni dopo Ettore sceglie lo pseudonimo di Italo Svevo, a testimoniare la sua doppia appartenenza alle due culture, quella italiana e quella tedesca, pubblicando presso Vram, editore triestino, il suo primo romanzo Una vita nel 1892, che però non verrà praticamente considerato dalla critica.

Nel 1886 muore il suo fratello prediletto Elio, a cui seguiranno anche quelle del padre nel 1886, della madre nel 1895 e subito dopo delle sorelle Ortensia e Noemi. Italo si trova ad affrontare un lungo calvario da queste tante morti in un periodo così breve, sostenuto dall’amico Umberto Veruda, pittore triestino e della cugina allora diciottenne Livia Veneziani, che diventerà sua sposa nel 1896. L’anno seguente verrà al mondo Letizia.

La vita coniugale scorre tranquilla e serena, con Italo diviso tra il lavoro alla banca, l’insegnamento all’istituto Revoltella delle lingue tedesco e francese e il lavoro notturno come incaricato alla stampa estera al giornale “Il piccolo”. Nonostante tutti questi impegni lavorativi e una famiglia a cui pensare però, Italo riesce anche a trovare il tempo di scrivere il suo secondo romanzo, Senilità nel 1898, lavoro non accolto positivamente dalla critica che rimprovera all’autore un uso modesto della lingua.

Questo secondo insuccesso scuote non poco Italo Svevo, che decide di riprendere la lettura di altri autori storici, quali Dostoevskij, Ibsen e Cechov, abbandonando temporaneamente la scrittura. Nel 1899 lascia il lavoro in banca per dedicarsi all’azienda del suocero in qualità di dirigente, cominciando di conseguenza a viaggiare di continuo per affari, tra Austria, Germania, Francia e Inghilterra. Nel 1903 però, la sua passione per la scrittura torna a bussare alla porta, e Italo pubblica una commedia molto impegnata, Un marito.

Nel 1904 viene a mancare il suo grande amico Umberto Veruda, dolore che getta nuovamente Italo nello sconforto. L’anno seguente, a causa di uno sviluppo delle attività aziendali, Italo ha la necessità di approfondire la conoscenza della lingua inglese, rivolgendosi a James Joyce, uno scrittore irlandese che viveva a Trieste per insegnare alla Berltz Scholl. Tra i due nasce una bella amicizia, con la passione spasmodica di entrambi per la letteratura, che li porta a scambiarsi i loro lavori per esprimere un giudizio. James Joyce incoraggerà moltissimo Italo, apprezzando i suoi lavori, situazione che motiverà nuovamente lo scrittore.

Dopo una momentanea separazione dei due amici a causa della prima guerra mondiale, arriva il terzo romanzo nel 1923, La coscienza di Zeno“, opera ancora una volta sottovalutata dalla critica italiana ma di grandissimo successo per quella francese a cui Italo sottopose la sua opera grazie all’aiuto dell’amico James. Qualche anno dopo, nel 1925, Eugenio Montale scrive su “L’esame” un saggio sulle tre opere di Italo, dal titolo “Omaggio a Svevo”, riconoscendolo come una figura di spicco per la letteratura contemporanea. Da quel momento le incomprensioni con la critica italiana terminano, influenzate probabilmente anche da una velata componente antisemita.

 

L’exploit della carriera di Italo Svevo

Nel 1925 Italo pubblica diversi racconti, tra cui La madre, Vino generoso, Una burla riuscita, ed altre ancora. Nel frattempo la sua passione per la letteratura aumenta, e Svevo dedica le sue attenzioni ad autori come Franz Kafka, Marcel Proust e agli studi di Freud. Saranno proprio le conoscenze del pensiero di quest’ultimo a sviluppare la naturale tendenza dello scrittore a focalizzare l’attenzione sulla condizione interiore dell’uomo piuttosto che su quella esteriore, come testimoniato dal protagonista di Senilità, rassegnato a subire la vita anziché viverla, oppure Zeno, al centro di una vita fatta solamente di buoni propositi mai mantenuti e di avvenimenti del tutto casuali.

Nella trilogia di romanzi, Italo ha espresso quello che è il fallimento degli ideali dell’800, con ironia e amarezza, rivelando le debolezze dell’umanità ed osservandole con tristezza. In sintesi nelle sue opere si possono trovare tutti i drammi dell’uomo moderno. Muore nel 1928 dopo un grave incidente automobilistico.