Malaga, 25 Ottobre 1881 – Mougins, 8 Aprile 1973

I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni.

Estro, ingegno, in una sola parola: genio. La storia di uno dei pittori più famosi e apprezzati del XX secolo ebbe inizio nella città di Malaga, il 25 ottobre 1881. Nato da una famiglia di umili origini, Pablo Ruiz y Picasso venne instradato fin da piccolissimo verso l’apprendimento artistico grazie al padre, Don José Ruiz y Blasco, che ricopriva il ruolo di insegnante di disegno nella locale scuola di Belle Arti. Secondo la madre, Maria Picasso y Lopez, le sue prime parole furono rivelatrici: ”piz, piz” (in spagnolo ”lapiz”, matita), a indicare la sua naturale attrazione verso quella che sarebbe diventata presto quasi un’appendice irrinunciabile della sua mano. Mai allievo fu tanto in grado di superare tanto il maestro perché, fin dalle opere più acerbe, Picasso rivelò subito il suo grande talento. Il suo primo quadro, dipinto all’età di nove anni e intitolato ”Le Picador”, mostra già il gusto per la composizione e per i colori, così come l’attenzione per i dettagli rilevanti di una scena. All’età di quattordici anni, con alle spalle alcuni importanti successi ottenuti lavorando nell’atelier del padre, il giovane pittore si trasferisce finalmente all’Accademia di Barcellona per coltivare il suo talento. Da qui, dopo un breve ma fruttuoso periodo trascorso a Madrid, Picasso inizierà la sua sfolgorante carriera artistica e i suoi frequenti viaggi a Parigi, per poi stabilirsi definitivamente nella capitale europea degli artisti.

Non si può parlare della vita di un artista come Picasso se non attraverso le sue opere. Gli inizi del ‘900, infatti, segnano il suo passaggio attraverso il cosiddetto ”periodo blu”. Basta uno sguardo alla sua produzione del periodo per capire il perché di questo nome: il filo conduttore è appunto il blu, nelle sue diverse tonalità, al quale il suo pennello affida il compito di esprimere la condizione di soggetti poveri, ai margini della società e dell’esistenza. Nei suoi quadri si percepisce il malessere e il dolore provato per la morte improvvisa del suo amico Casagemas, suicidatosi proprio in quegli anni. La morte dell’amico, unita all’insoddisfazione per la mancanza di stimoli dell’ambiente artistico spagnolo, lo spinse a un nuovo trasferimento in Francia. Fu qui che, grazie a un mercante d’arte avvezzo a riconoscere grandi talenti, espose numerose tra le sue migliori opere nella sua galleria, senza raccogliere tuttavia i consensi sperati. Nel 1903, in uno stato d’animo sospeso tra malinconia e sfiducia per i mancati successi, Picasso termina il suo periodo blu dipingendo ”La Vita”, opera affascinante ma dal significato misterioso.

Era il 1904 quando il pittore si trasferì definitivamente nella capitale francese, lavorando nello storico civico 13 di rue Ravignan, presso un vecchio edificio industriale riadattato ad atelier. Qui, circondato da personalità carismatiche, pittori e poeti – come il suo grande amico Guillaume Apollinaire – Picasso diede il via al suo ”periodo rosa”, caratterizzato da una tavolozza più brillante e da soggetti rubati alla commedia dell’arte e alla pittoresca vita circense. Ma è solo nel 1907, dopo molte sperimentazioni, che dipinge il suo quadro più celebre e, certamente, quello che diventerà lo snodo cruciale della sua evoluzione artistica: ”Les demoiselles de Avignon”, la prima opera cubista di Picasso. Volumi, geometrie, anatomia e prospettive sono totalmente rivoluzionati dalla nuova visione dell’artista, che intraprende una strada segnata dalla rottura e dall’innovazione. Attraverso le opere successive, come ”La ragazza col mandolino” e ”La femme assise”, l’artista esplora le nuove possibilità di un linguaggio senza piani e volumi predefiniti, affrontando quella fase che verrà definita in seguito come ”cubismo analitico” e approdando nella fase più matura del ”cubismo sintetico”.

La Prima Guerra Mondiale allontanò da Parigi molti degli amici del pittore, chiamati alle armi. Per Picasso iniziò un nuovo corso artistico, strettamente intrecciato alle sue vicende personali. Affiancatosi a una compagnia di ballo grazie alla sua amicizia con Jean Cocteau, fu in questa occasione che partì per l’Italia, dove ebbe modo di accrescere le sue influenze e sperimentare, ancora una volta, nuovi stili. Dopo varie vicissitudini amorose ormai concluse, inoltre, conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie nel 1918: la bellissima ballerina russa Ol’ga Chochlova. Ispirata dalla cultura italiana, appartiene a questi anni la produzione artistica qualificata come ”periodo neoclassico”, mentre la sua fama di pittore continua a crescere in tutta Europa.

Un temporaneo ritorno nella terra natia e le vicissitudini che portarono alla Seconda Guerra Mondiale fecero da cornice a ”Guernica”, una delle più celebri opere del pittore. Si tratta della raffigurazione, attraverso lo stile inconfondibile dell’autore, del tragico eccidio della popolazione dell’omonima cittadina spagnola, per opera di un bombardamento nazista. Durante gli ultimi anni della sua vita, a conflitto ormai terminato, l’ormai anziano pittore si ritirò ad Antibes, placida cittadina situata sulle Alpi francesi. Qui, grazie alla ritrovata serenità, Picasso visse l’esperienza di una ritrovata vitalità creativa. Dedicandosi alla ceramica e, soprattutto, alla rielaborazione in chiave personale di alcune delle opere più celebri del panorama artistico, trascorse gli ultimi anni della sua vita continuando a coltivare con dedizione il suo talento incommensurabile. Morì nel 1973 a Mougins, dopo una vita di passioni, amori e pittura.