Beaufort West, Sudafrica, 8 novembre 1922 – Cipro, 2 settembre 2001
La singola vita di un essere umano è non meno preziosa di tutte le altre vite messe insieme.
Ci sono professioni intraprese per amore del potere, altre per denaro e altre ancora scelte con il cuore. E proprio il cuore ha veicolato sogni, sofferenze e fama del dottor Christiaan Barnard.
Nato in una famiglia numerosa a Beaufort West, in Sudafrica, uno dei suoi cinque fratelli morirà a soli cinque anni per alcuni problemi cardiaci. Forte di questo accaduto che plasmerà ricordi e scelte di vita, Barnard decide di studiare medicina, laureandosi nel 1946 alla University of Cape Town Medical School.
Comincia presto a lavorare all’Ospedale di Cape Town dove conoscerà anche la sua futura moglie, l’infermiera Aletta Louw.
Non rimarrà molto in quell’ospedale, ma migrerà in diversi centri trovando il tempo di prendere il dottorato in medicina al City Hospital di Città del Capo.
Sarà questo il punto focale che gli permetterà la spinta necessaria a compiere il suo percorso formativo. L’occasione della vita gli si presenta sotto forma di una borsa di studio di due anni in America, per perfezionare il suo operato traendo gli insegnamenti di uno dei massimi esperti di chirurgia cardiotoracica, Owen H. Wangesteen.
Iniziarono anni di duro lavoro, la formazione di Wangesteen è complessa e precisa e Barnard riproduce tutte le operazioni chirurgiche su animali, per migliorare la sua mano e aumentare la rapidità delle sue procedure.
Prima di ritornare in Sudafrica avrà il tempo di raggiungere un’ulteriore master in scienza della chirurgia e il PhD (il massimo grado ottenibile).
In terra natia, il suo prestigio si esplica in tre diversi campi: diventa cardiochirurgo al Groote Schuur Hospital, docente all’Università d Città del Capo e direttore della ricerca chirurgica per la stessa.
Al tempo non era mai avvenuto un trapianto di cuore tra umani, i rischi erano molti e i rigetti spaventavano i chirurghi che non si cimentavano nell’operazione pur esistendo molti scritti scientifici al riguardo.
Barnard legge le ricerche di Norman Shumway, conosciuto nel suo periodo americano, e viene notevolmente influenzato per il suo obiettivo futuro: il primo trapianto di cuore tra esseri umani.
Le teorie e tecniche chirurgiche suggerite da Shumway, il perfezionamento sotto l’ala di Wangesteen e una lunga sperimentazione animale (Barnaard provò a lungo il trapianto su cani, babbuini, oranghi, ecc.) permisero al 3 dicembre 1967 di assistere ad una pagina di storia.
La 25enne Denise Darvall è vittima di un incidente che provocherà la morte di sua madre e le concederà poche ore di vita, nello stesso ospedale è in cura Louis Washkansky che soffre di una patologia cardiaca a cui solo un cuore nuovo può porre rimedio, il padre di Denise firma il consenso e darà il via ad un’operazione mastodontica con circa 30 membri sanitari. Dopo 9 ore il tutto è compiuto, il signor Washkansky ha un nuovo cuore e dovrà sottoporsi a una delicata degenza post-operatoria in quanto il rischio di rigetto è altissimo. La prima settimana passa tranquillamente e i risultati degli esami sono buoni ma tutto cambia a partire dal decimo giorno, la terapia immunosoppressiva del paziente provoca una polmonite incurabile che lo porterà alla morte 18 giorni dopo l’operazione.
Nonostante la fine infausta, Barnard diviene famosissimo e invitato a parlare in convegni internazionali, show televisivi e università.
Da quel primo intervento ne seguirono altri come il secondo, eseguito su Philip Blaiberg, che sopravvisse altri 19 mesi, o ancora quello di Dirk Van Zyl che detiene il record di sopravvivenza di 23 anni.
Il trapianto cardiaco venne provato da altri chirurghi con risultati disastrosi; a causa dell’alta mortalità dell’operazione si assistette ad una controtendenza e pochi chirurghi si cimentarono nuovamente.
Serviva una manovra, una procedura o un farmaco capace di fermare la catena discendente di questo intervento.
Ciò avvenne grazie all’utilizzo della ciclosporina, un potente immunosoppressore capace di controbattere efficacemente al rischio di rigetto cardiaco.
La carriera chirurgico di Barnard è costellata di scoperte e avanzamenti scientifici grazie alla sua fame di conoscenza che lo spingeva oltre il conosciuto.
Ed è così che a lui si deve il primo trapianto eterotopico del cuore, un efficace trattamento della Tetralogia di Fallot e dell’anomalia di Ebstein.
Fu un’artrite reumatoide a fermarlo, le sue mani fino ad allora erano state potenti strumenti ma la malattia lo costrinse a ritirarsi dall’attività chirurgica.
Eppure non se ne separò mai visto che continuò a ricoprire l’incarico di professore e consulente.
Negli ultimi anni della sua vita si interessò ad un’altra branca della medicina: la geriatria. Le tecniche contro l’invecchiamento divennero quasi un’ossessione che per poco non demolirono la sua carriera.
Nel 1986 infatti si dedicò alla promozione del prodotto Glycel, sponsorizzata come crema anti-età e dai costi incredibilmente alti.
Dopo soli 2 anni dovette essere ritirata dal mercato a causa dei suoi effetti nocivi.
Barnard compì un ulteriore passo falso prestando il proprio aiuto alla clinica svizzera “Clinique La Prairie” dove venivano praticati metodi ringiovanenti discutibili.
La sensibilità e l’aiuto umanitario del chirurgo vennero però ampiamente ricompensati dalla Christiaan Barnard Foundation per i bambini di tutto il mondo, proprio in quest’associazione (in Austria) e la sua terra natale Barnard passò i suoi ultimi anni di vita prima di morire per un attacco asmatico durante una vacanza a Cipro, nel 2001. Una morte poco poetica per il chirurgo che seppe ridisegnare la vita con le proprie mani.