Kenosha, Wisconsin, 6 maggio 1915 – Hollywood, Los Angeles, 10 ottobre 1985

Il cinema è un mestiere. Nulla può essere paragonato al cinema. Il cinema appartiene al nostro tempo. È la cosa da fare.

Quando la fortuna fa a pugni con la malasorte crea un ciclo di grandezza che non può destare indifferenza. Orson Welles lo sa bene dato che, tra tutti, è stato il più fortunato e allo stesso tempo iellato uomo sulla Terra.

Le origini del mito
Orson Welles nasce nel Wisconsin da una pianista e un ricco imprenditore. La sua vita agiata gli permette di passare da un passatempo a un altro, fomentato dai propri genitori che lo trattano come un piccolo, talentuoso genio.
Non passa troppo tempo che Orson Welles impara a suonare il pianoforte, recita in alcune rappresentazioni teatrali (a 3 anni già la prima) e al gioco delle marionette, in cui si diverte a inventare storie e a dare voci ai suoi personaggi.
A soli 4 anni i suoi genitori divorziano e lui segue la madre a Chicago, che lo introdurrà a salotti letterari di grande influenza per la sua educazione.
Passeranno soli 5 anni prima della morte della madre, con forti ripercussioni sulle scelte artistiche ed emotive di Orson Welles. Il ragazzo torna a vivere con il padre e abbandona i suoi studi musicali, troppo dolorosi e legati al ricordo materno.
Il suo percorso scolastico è brillante ed è un’occasione per migliorarsi nel teatro grazie alla partecipazione a diversi spettacoli in qualità di attore e regista. Una delle sue direzioni consegue anche un premio, l’Associazione Drammatica di Chicago, per l’innovativa regia di “Giulio Cesare”.
Sembra incredibile che Orson Welles sia solo un adolescente.

Eppure ancora una volta, l’infausto destino torna a bussare alla sua porta, stavolta prendendosi il padre e lasciandolo, di fatto, un orfano.
Suo tutore diviene il dottor Bernstein, il quale verrà analizzato in futuro nel film “Quarto potere”.
Dal suo tutore ottiene la possibilità di non andare ad Harvard e avventurarsi fino a Dublino per tentare la fortuna e sfondare come pittore.
Le sue rendite economiche sono però esigue ed è costretto a vendere tutto appena arrivato nella città, proponendosi come un famoso attore newyorchese e venendo scritturato in diverse opere teatrali.

Nel 1933 torna negli Stati Uniti, dopo che la Gran Bretagna gli rifiuta un permesso di lavoro. Qui lavora per la Todd School (laddove aveva studiato) e scrive diversi riarrangiamenti di Shakespeare.
Sul fronte sentimentale tutto procede in positivo tanto che sposa a soli 19 anni l’ereditiera Virginia Nicolson.

Nello stesso anno gira un cortometraggio “The Hearts Of Age” di soli 4 minuti, in cui però è visibile la sua ricerca avanguardistica, l’amore per i temi complessi come la Morte e lo stile trasformista che lo contraddistinguerà in futuro, in tutti i suoi film.
Sempre nello stesso anno si trasferisce a New York, debuttando nella mecca del teatro: Broadway.
L’energia febbricitante della Grande Mela diventano il nettare per la sua personalità eclettica, convincendolo a dedicarsi a diversi progetti come la radio, la regia e la produzione teatrale.
La sua originalità nel proporre trasposizioni particolari e inventive lo rende famoso in pochissimo tempo.

Citizen Kane

Lo scherzo degli alieni e la grande occasione
Durante un suo spettacolo radiofonico, decide di proporre un adattamento de “La guerra dei due mondi” in chiave radiocronaca. Il risultato è talmente veritiero da seminare il panico tra gli ascoltatori spingendo addirittura il direttore della CBS a presentarsi in accappatoio e ciabatte per intimargli di chiudere subito la trasmissione.
L’episodio gli vale una discreta notorietà tanto da farlo contattare dalla RKO Pictures per la realizzazione di 3 film nella celeberrima Hollywood.
Il contratto è vantaggioso e detta condizioni mai viste prime. Essendo attore, regista, produttore e sceneggiatore, non solo Orson Welles ha un ottimo ritorno economico, ma viene anche lasciato libero di decidere su ogni aspetto dei film.
Questi eventi scatenano l’invidia dell’ambiente che snobba i suoi lavori, lo critica duramente e lo deride appena possibile.
Dei tre film solo uno viene finalizzato: “Quarto potere”, uno dei più grandi film della storia del cinema, premiato con un Oscar nel 1942.
Il film non viene distribuito egregiamente e ciò provoca una scarsa affluenza del pubblico ma la critica esplode in un serie di elogi grazie all’innovazione artistica e all’uso di simbolismi ed elementi rappresentativi come la profondità di campo e il pian sequenza, mai usati prima di allora.

Orson Welles è un genio e tutti adesso lo sapevano.
La grande perdita finanziaria della RKO la convinse ad appropriarsi della pellicola “L’orgoglio degli Amberson” durante l’assenza di Welles e ne cambiò completamente trama e finale, tramite tagli e riprese ex-novo. Questo comportamento ingiusto e intollerante divenne una costante nel lavoro di Orson Welles.
Dopo una breve pausa ritorna al cinema recitando in diversi film tra cui “La porta proibita”, “Conta solo l’avvenire”, “La signora di Shangai”.
Divorzia dalla moglie e si risposa con Rita Hayworth, con cui reciterà in quest’ultimo film prima di divorziare nuovamente anche dalla seconda moglie.
In questo periodo decide di lasciarsi Hollywood alle spalle e cimentarsi con la regia in Europa, qui realizza “Otello” rendendolo una delle sue più famose trasposizioni.
Sempre in Europa, trova l’amore nella contessa italiana Paola Mori che diventa così la sua terza moglie.

La lista cinematografica di Welles si allunga sempre più anche se a soli 42 anni è costretto ad abbandonare ruoli romantici, in quanto notevolmente appesantito, per ricoprire ruoli più caratterizzanti. La regia è sempre la sua passione ma a volte deve dar fondo ai propri risparmi per ottemperare alle spese dei film.
Negli ultimi anni, grazie al suo corpo massiccio, diviene testimonial di molti prodotti alimentari che gli permettono di vivere agiatamente seppur con un grave problema di obesità che decreta la sua fine nel 1985 con un attacco cardiaco.
Molti sono i suoi progetti incompiuti e gran parte della riscoperta dei suoi lavori si è avuta solo dopo la sua morte, segno di quanto il suo genio avanguardistico non potesse essere capito dai suoi tempi.